Alcune disposizioni della Legge n°220 del 2012, che, ha riformato la disciplina del condominio negli edifici appaiono di difficile comprensione e effettivamente ingiustificate.
Secondo il nuovo articolo 71 Bis delle Disposizioni per l’attuazione al Codice Civile: “Possono svolgere l’incarico di amministratore di condominio coloro……… f) che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado; g) che hanno frequentato un corso di formazione iniziale e svolgono attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale. I requisiti di cui alle lettere f) e g) del primo comma non sono necessari qualora l’amministratore sia nominato tra i condomini dello stabile”.
La norma in esame crea una effettiva e ingiustificabile disparità tra l’amministratore esterno – professionista formato e aggiornato e l’amministratore interno scelto tra i condomini dello stabile senza alcun obbligo di formazione ne di aggiornamento.
Appare difficile ravvisare quali motivazioni abbiano spinto il Legislatore.
Le competenze delle due figure sono identiche, medesime sono le maggioranze necessarie per la nomina e/o la revoca, le notevoli responsabilità di ordine civile, penale e amministrativo non si attenuano se l’amministratore è interno e scelto tra i condomini dello stabile e quindi non esterno professionista.
Se il legislatore, ha valutato che l’amministratore di condominio, per la serietà dell’incarico debba avere un titolo di studio minimo e debba aver acquisto specifiche competenze in materia, con corsi di formazione e aggiornamento, perché tale giusta precauzione, si annulla quando l’amministratore è interno?
Che un titolo di proprietà, dia per sua natura un bagaglio di conoscenze, spendibile in una gestione, che, anche all’esito della riforma, evidenzia la necessità di accurate competenze in materia, appare un ingiusto privilegio.
Non si comprendono quali siano le motivazioni logico giuridiche che abbiano spinto a questa inammissibile discriminazione tra amministratore di condominio esterno e interno ai condomini dello stabile.
Tra l’altro la norma evidenzia palesi profili di illegittimità Costituzionale, vedasi l’Articolo 3, che, dispone l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla Legge. Ma c’è un aspetto più subdolo della disposizione,che, pochi colgono, l’attività dell’amministratore, specialmente se professionista, è un’attività difficile, che spesso, si scontra con le mire di alcuni condomini, intenti a strumentalizzare e condizionare l’amministrazione esterna per intenti personali.
Dando la possibilità agli stessi condomini di candidarsi a sostituire il professionista, senza alcuna competenza specifica, si condiziona l’attività del medesimo ad un continuo ricatto, di difficile soluzione.
Ci si augura che le associazioni professionali riconosciute dell’amministrazione condominiale, si coordinino ed intraprendano congiuntamente, una comune iniziativa, per l’abolizione della norma qui criticata.