Albo degli amministratori di condominio e arretratezza del sistema Italia

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Albo degli amministratori di condominio! Nuovi e vecchi corporativismi cercano la saldatura per stroncare sul nascere un sistema di professioni liberali!

Ieri ho partecipato a Bari a un convegno che in cui si sono discusse, tra gli altri argomenti, la rinnovate istanze per la costituzione dell’albo degli amministratori di condominio.

Io ho cercato di rappresentare le mie convinzioni personali, nettamente contrarie alla costituzione un nuovo albo professionale, ma devo rivelare che la mia posizione era in netta minoranza e che molti dei presenti, di cui non tutti rappresentati dell’associazionismo professionale si ritenevano concordi sulla imminente necessità di istituire l’albo degli amministratori di condominio, unico rimedio all’ontologico svilimento della professione qui trattata chiedendo un urgente intervento in materia al nuovo governo.

La discussione si spingeva anche a evidenti critiche al Decreto Ministeriale n°140 del 2014, che attualmente regola la formazione degli amministratori di condominio, devo dire che anche in questo contesto, la mia posizione favorevole alla filosofia della normativa era nettamente in minoranza.

Vi è da dire, che, gli amministratori di condominio professionisti sono riuniti in associazioni rappresentative, riconosciute dal legislatore, di cui alcune dotate di specifici requisiti, inserite nell’elenco tenuto dal Ministero dello Sviluppo secondo i dettami della Legge 4 -2013, che regola la materia.

Il legislatore Italiano, con la Legge n°4/2013 ha notevolmente innovato la regolamentazione dell’attività libero professionale. L’attività di amministratore condominiale esercitata da chi non è condomino dello stabile è una professione non organizzata secondo ordini o collegi, secondo quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 1° della nota legge.

Alla luce dei principi inseriti nella recente normativa si deve ritenere che l’idea di creare un nuovo albo degli amministratori di condominio sia un’idea errata e pericolosa, per un sistema che, caso strano per l’Italia, sta sperimentando fattispecie di libero mercato professionale, così inviso ai vecchi e mai sazi e ai nuovi costituendi corporativismi nazionali.

Vi è da dire che gli ordini professionali sono stati istituiti con una legge del ventennio fascista, legge 25 aprile 1938, n. 897, che nel proprio 2° articolo testualmente afferma: “Coloro che non siano di specchiata condotta morale e politica non possono essere iscritti negli albi professionali, e, se iscritti, debbono esserne cancellati, osservate per la cancellazione le norme stabilite per i procedimenti disciplinari”.

Viene il leggero sospetto che la legge avesse la finalità, non di consentire il libero accesso alle professioni, ma di emarginare interi parti della società non considerate “politicamente” convenienti, in ogni caso a oggi non resta altro che prendere atto dell’attuale vigenza della disposizione, non abolita, dopo circa ottanta anni, dal nostro legislatore.

Ho avuto l’impressione che la maggioranza dei relatori presenti ieri ritenesse la Legge 4/2013 una legge inidonea a qualificare e tutelare gli interessi dell’amministratore di condominio professionista e auspicasse convintamente la creazione di un nuovo albo professionale degli amministratori di condominio.

Negli ultimi anni il dibattito politico italiano si è concentrata sugli ordini professionali, considerati da recenti interventi dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato come ostacolo alla piena liberalizzazione delle professioni, con relative difficoltà di accedere alle medesime, specialmente per i giovani.

Recentemente l’Antitrust ha criticato la legge Lorenzin ritenendo: “Non opportuni nuovi Ordini e Albi per le professioni sanitarie non mediche”. L’Autorità ha sottolineato la inopportunità di costituire nuovi Ordini e Albi “se non in casi eccezionali”, che rappresentano una battuta di arresto nello sviluppo della libera concorrenza dei servizi.

Tanto più che in tema di amministrazione condominiale non esiste alcuna riserva di legge per l’esercizio dell’incarico, che attualmente secondo il nostro ordinamento giuridico può essere svolto da ogni condomino dello stabile, senza bisogno di alcun titolo di studio, né tantomeno alcuna competenza in materia.

Allora prima di ragionare di fantomatici albi professionali, andrebbe affrontata la questione della reale natura dell’amministrazione condominiale.

Attualmente parliamo di una professione o di un semplice incarico? Possiamo impedire ai condomini di amministrare condomini? Possiamo obbligare i condomini amministratori a un percorso formativo? Possiamo impedire che gli iscritti a ordini professionali amministrino condomini?

Una discussione seria dovrebbe dare una preventiva risposta a queste domande prima di avventurarsi in valutazioni sulla costituzione di un nuovo albo.

Senza riflettere su tutto ciò che potrebbe comportare l’iniziativa. Un nuovo esame di stato, una nuova cassa previdenziale autonoma, una nuova legge professionale ad hoc e poteva mancare nuovi oneri per gli amministratori e lo stato!

Nel nostro paese, un albo non si nega a nessuno e quindi anziché discutere seriamente su una legislazione che superi definitivamente l’attuale sistema ordinistico si realizzano incontri per promuovere la costituzione di nuovi albi in materie in cui, per fortuna, il legislatore ha introdotto una buona legge di natura liberale, che senza moloch burocratici favorisce una tutela privatistica delle professioni.

La circostanza che più stupisce è che nel dibattito non intervengano attivamente, i referenti delle attuali associazioni private di categoria a tutela della professione, forse inconsapevoli che la paventata creazione di un nuovo albo degli amministratori di condominio rappresenterebbe la fine delle associazioni per come oggi le conosciamo e del primo esperimento, in Italia, di una gestione libera e concorrenziale delle professioni intellettuali, che verrebbe prematuramente stroncata.

Avv. Gerardo Michele Martino

Presidente Mapi